lunedì 20 giugno 2011

L'amore che verrà



 Io sono il mago che coi suoi fili
muove il sorriso sopra il tuo volto,
che dai capelli neri e sottili
distilla il sole che sta sepolto.
Io sono il sogno struggente e rosso
fatto in settembre, la notte fonda
cullata al suono del leccio mosso
dai soffi timidi di un'aria monda.
Son io l'amore che non s'usura
col tempo o con la tranquillità,
io sono il miele che piace e cura,
son l'illusione fatta realtà.

Il maoismo che sopravvive


     Ricordate il comunismo? E ricordate Mao, la Cina è vicina, il libretto rosso, la rivoluzione culturale, la rieducazione, oppure i nostrani "Servire il Popolo" e "sacro cuore di Lin Piao fa che viva sempre Mao"? E' roba vecchia, ma pur sempre l'ultima evoluzione/espressione del comunismo su questo pianeta. L'esasperazione estrema dell'idea che la politica, incarnata nel partito, si risolvesse nel compito, anzi nella missione di plasmare la società degli uomini, anche a costo degli uomini stessi. C'è gente che non ha esitato a fare montagne di teschi sentendosi in buona (per quanto folle) fede autorizzato da questo principio, c'è gente che ha intrappolato intere nazioni a questo scopo.
     E' altrettanto vero, però, che non è questione di comunismo, tanto meno di maoismo. Avrei potuto iniziare parlando di fascismo o di populismo di stampo sudamericano, o anche di religioni. E' il ciclo della storia che inventa ora un manto di ideologia, ora un altro per favorire la sete di potere e/o denaro di certi uomini e delle oligarchie che, per quella sete, essi ciclicamente mettono su.
     Si tratta della specie peggiore degli uomini, e paradossalmente proprio la più inadeguata a guidare i popoli, in quanto istericamente incapace (da qui la violenza che in genere deriva dal governo di costoro) di confrontarsi freddamente con la complessità della realtà naturale e sociale o di prendere semplicemente atto dell'indipendenza e dell'ingovernabilità dell'agire privato dei singoli, in quanto estremamente insofferente alla diversità e alla molteplicità degli interessi, delle culture, dei gusti, in quanto del tutto refrattaria a pazientare e faticare al fine di cogliere, per poi assecondare, le tendenze e i desideri di quel combinato coacervo di agire privato che prendendo forma chiamiamo società. Specie radicalmente inadatta, in una parola, a far politica vera.
     Le loro parole d'ordine sono - anche se di volta in volta possono cambiare forma - disciplina, ordine, rieducazione. Mai libertà, liberazione, tolleranza. E chiamano "politica" questa che altro non è che la loro difesa dalla società, che generalmente, in effetti, amerebbe liberarsi di loro come un cane dalle zecche.
     La stessa democrazia occidentale, il modello inventato dagli uomini per contrastare l'arroganza delle ideologie, non è affatto esente da quelle presenze e da quelle tendenze. Tutt'altro. In alcuni paesi occidentali, come si vede al meglio in Italia, la democrazia si risolve in effetti in null'altro che una lotta fra partiti presi, perché praticamente nessuna parte politica ha ancora dismesso l'idea che la politica e la società siano una sorta di minorenni da tenere sotto tutela, e da crescere secondo ricette precostituite, invece che i committenti di ogni parte politica.
     In Italia, perfino quando la gente - come accade in questi giorni - esprime senza possibilità di interpretazione la sua volontà nettamente maggioritaria, la gran parte dei partiti politici non indugia un attimo a porci sopra il proprio cappello ideologico, il proprio copyright. Persino l'attuale maggioranza, sbugiardata e calcinculata proprio su questioni e scelte fondamentali del suo (scarsissimo e maldestro) agire, sminuisce e sembra voler acreditare l'idea che in fondo non sia successo nulla di poi così scandaloso, che trattasi solo di una scorreggia di bebé durante la cerimonia del battesimo: al massimo se ne può sorridere.

Il vecchio lupo


Negli anni '70-'80, tra i giovani di allora (categoria di cui, ahimé, facevo parte anch'io), era in voga un test spacciato come psicologico di cui ricordo solo alcune cose. Tra queste ricordo bene la richiesta di descrivere come ciascuno di noi immaginasse una grotta e di dire quale animale sentissimo più affine e perché. Già la prima volta, in cui fu una magnifica ragazza (lo ammetto, era un'occasione di rimorchio come un'altra) a farmi quelle domande, risposi di getto che il mio animale era il lupo, schivo, autosufficiente e soprattutto assolutamente indifferente alla pessima e infondata fama che nel mondo corre di lui. E il procedere dell'età, lungi dallo smorzarle, mano mano corrobora in lui simili virtù, sino a fargli smarrire lo stesso timore della morte, ch'è di tutti noi animali.
Il vecchio lupo è tutto meno che mondano, perché ha un dio, e sente forte di averlo. Per questo morire non lo spaventa più, per questo non protesta al mondo la sua innocenza. Lui sa che basta che a conoscerla sia il suo dio, l'unico essere che sappia guardare nel suo cuore. E il dio del vecchio lupo è il mio Dio.